Primavera caratterizzata da freddo e piogge, così è andata persa la metà della prima raccolta
Il freddo anomalo di questa primavera ha reso le ciliegie un frutto di lusso. Il prezzo di cartellino è salito fino al 50% in più rispetto al 2018, e in alcune zone italiane (come Milano ad esempio) è giunto a 20 euro per chilo. Un'enormità.
Cosa sta spingendo il prezzo delle ciliegie
E' la legge del mercato che sta facendo il prezzo. Il frutto è arrivato sul mercato in scarse quantità, perché vittima del maltempo. E di fronte a un'offerta che sta crollando, la valutazione schizza alle stelle. Una cosa che abitualmente succede quando la frutta viene comprata fuori stagione. Nel caso delle ciliegie, provarle a comprare durante il periodo invernale può costare circa il doppio, dal momento che sono disponibili soltanto quelle importate dal Cile. Ma vederle a certi prezzi mentre ci avviciniamo all'estate, è una novità (spaicevole) quasi assoluta.
Il grosso problema è il clima pazzo di questa primavera. Ha fatto così tanto freddo che molti hanno parlato di un inverno-bis. La produzione delle ciliegie ne ha risentito in misura fortissima, tanto che pioggia e grandine hanno messo in discussione il nostro primato europeo (generalmente si aggira sui 120 milioni di chili di ciliegie all’anno). Secondo i dati della Coldiretti la produzione di prima raccolta è andata distrutta per circa il 50%. Peraltro tra le Regioni più colpite dal maltempo ci sono quelle a maggiore densità produttiva (in Italia la coltivazione è svolta su circa 30 mila ettari), come Puglia, Emilia Romagna, Campania e Veneto. Solo in queste regioni il prezzo, benché alto, continua ad essere contenuto (verso i 4-6 euro al chilo). Ma solo perché è proprio qui che si producono.
Tutela del Made in Italy
A sommarsi al danno poi c'è pure la beffa, perché siccome la richiesta continua ad essere forte, i frubetti si sono già messi in azione importando dall'estero prodotti di minore qualità, rivendendoli al mercato come puri Made in Italy. I processi di verifica dell’origine nazionale in molti casi riescono a intervenire, ma in tanti altri no (con un danno non solo economico, ma pure di immagine). La speranza dei coltivatori è che il clima cominci presto a diventare più clemente, e che sui grafici dell'andamaneto produttivo possa vedersi preso un pattern di inversione del trend. Finora infatti sono state danneggiate solo le varietà precoci, quelle che si raccolgono a maggio e che corrispondono a circa il 30% del totale. Il restante 70% potrebbe ancora salvarsi. Ma ci vuole un aituo dall'Alto...
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